Didattica generale
Il ciclo dei supercontinenti
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- Pubblicato 20 Febbraio 2012
- Scritto da Flavio Scolari
Secondo recenti osservazioni geologiche le zolle si muovono con un'andamento pressapoco ciclico.
Oggi i ricercatori sono tutti concordi che la crosta terrestre abbia subito una costante riconfigurazione con derive e aggregazioni delle zolle che nell'arco di miliardi di anni ha prodotto nuove configurazioni delle terre emerse come pure nuove catene montuose.
Comunemente, i paleografi usano il termine supercontinente per fare riferimento a masse di terra singole che comprendono tutti i continenti moderni.
Il primo supercontinente di cui si abbia conoscenza è stato Vaalbara. Si formò da protocontinenti diventando supercontinente 3,1 miliardi di anni fa (3.1 Ga) e scindendosi ~2,8 Ga.
Il supercontinente Kenorlandia si formò ~2,7 Ga e si scisse dopo 2,5 Ga nei protocontinenti (cratoni ) Laurentia , Baltica, Australia e Kalahari.
Il supercontinente Columbia si formò e si scisse tra 1,8 Ga e 1,5 Ga.
Il supercontinente Rodinia si scisse intorno a 750 milioni di anni fa.
I movimenti delle pacche tettoniche rimisero insieme i pezzi di Rodinia con una diversa disposizione durante il tardo Paleozoico, formando il ben noto supercontinente Pangea. La Pangea successivamente si scisse nel supercontinente dell'emisfero nord Laurasia e in quello dell'emisfero sud Gondwana.
Studi recenti suggeriscono che i supercontinenti presentano una certa ciclicità, formandosi e scindendosi approssimativamente ogni 250 milioni di anni.
(Tabella riassuntiva tratta da Wikipedia).
La teoria dei Spercontinenti è complementare alla teoria postulata da Wilson, pioniere della teoria della tettonica a zolle, oggi ampiamente accettata dalla comunità scentifica.
Il ciclo dei Supercontinenti ha sempre avuto una forte influenza sia sul clima che sulla Bio-diversità delle speci viventi presenti sia oggi che allora.
Inanzitutto il deriva o l'aggregazione delle terre emerse ha una forte influenza sul livello dei mari, oggi è risaputo che il livello medio degli oceani tende ad aumentare durante i processi della deriva dei continenti, mentre quando i continenti si uniscono si assiste ad un'abbassamento medio del livello degli oceani, un pò come accade con il livello dell'acqua all'interno di una vasca da bagno che varia molto in funzione alle dimensioni di un corpo che si immerge al suo interno.
Infatti oggigiorno la profondità media degli oceani (profondità della crosta oceanica) è di 2500 metri circa, mentre fino a 100 milioni di anni fa era di circa 6000 metri.
Quando i continenti tendono a separarsi, si assiste praticamente ad una decrementazione del volume delle superfici d'acqua e questo favorisce un generale inalzamento degli oceani, viceversa accade durante le fasi di aggregazione continentali, ossia durante la formazione di un supercontinente, si assiste ad una incrementazione del volume delle superfici oceaniche e in questo modo il livello medio degli oceani tende a diminuire riducendo di conseguenza anche il rischio di inondazioni.
Inoltre la disgregazione dei continenti comporta ad una maggior rigenerazione dei fondali oceanici, presso le fratture oceaniche si ha una forte produzione di CO2 (Gas serra), mentre un'assemblamento delle masse continentali comporta ad avere dei fondali oceanici molto più antichi per una mancata rigenerazione dei fondali marini, si riscontra durante tali fasi una bassa produzione di CO2 (Gas serra).
Il ciclo climatico coincide strattamente con il ciclo dei supercontinenti, infatti l'alternarsi di ere glaciali a ere interglaciali nell'arco di centinaia di milioni di anni è stato in buona parte regolato da grosse variazioni della composizione chimica dell'atmosfera, variazioni indotte in gran parte dal processo di digregazione o assemblamento delle masse continentali per mezzo delle fratture oceaniche, che tendono appunto a generarsi in corrispondenza alla disgregazione delle masse continentali.
Inoltre anche la distribuzione delle terre emerse in corrispondenza ai poli e all'equatore ha probabilmente dato il suo buon contributo al fine di definire variazioni dell'aspetto climatico nel corso di centinaia di milioni di anni.
È impensabile infatti l'innesco di una grossa glaciazione in assenza di terre emerse in prossimità di un circolo polare, indipendentemente dall'emisfero preso in considerazione, viceversa la presenza di terre emerse ai poli, come si riscontra ancora attualmente, genera una situazione maggiormente faverevole all'innesco di grosse glaciazioni, poichè com'è noto le terre emerse trattengono molto meno calore rispetto agli oceani.
Benchè visto su scale temporali più piccole, anche l'alternarsi di grosse glaciazioni a periodi interglaciali all'interno di un'era glaciale, sembra combaciare con variazioni della configurazione orografica del territorio su vasta scala, nonchè con la formazione di grosse catene montuose, sia sulle terre emerse, sia sui fondali oceanici, prodotte appunto da collisioni di continenti.
In particolar modo l'ultima grossa glaciazione del Pleistocene, terminata circa 10700 anni fa, prese probabilmente inizio a seguito della formazione di grosse catene montuose (Alpi, Himalaya, Ande, ecc...ecc...) che alterarono la circolazione oceanica e atmosferica, oltre a generare un'inalzamento medio delle terre emerse, se fino a 1 milione di anni fa la quota media delle terre emerse di tutto il mondo era di circa soli 450 metri, oggi è di ben 850 metri circa, anche questo fattore potrebbe aver contribuito all'innesco di una glaciazione.
Non a caso poco prima dell'ultima glaciazione si chiuse lo stetto che dal Messico porta al Brasile in corrispondenza alla formazione di nuove catene montuose, si ipotizza che una corrente pre-esistente che dal medio Atlantico sfociava nel pacifico attraverso lo stetto del Messico, fù sucessivamente deviata alla chiusura dello stretto prodotta a sua volta da un'inalzamento del suolo, naque così la oramai famosa corrente del golfo che oggi favorisce un clima sostanzialmente più mite sul continente Europeo ma che allora potrebbe aver favorito l'innesco della glaciazione grazie ad un'aumento delle precipitazioni alle alte latitudini.
Cosa accadrà in futuro?
Oggi l'uomo è in grado di simulare grosso modo quello che sarà lo spostamenti delle masse continentali, l'Africa colliderà infatti entro 50 milioni di anni con il continente Euroasiatico fino a far letteralmente "sparire" il mar Mediterraneo, in un lungo processo che già ora è in corso, la formazione delle grosse catene montose come le Alpi e l'Himalaya ne sono un classico esempio.
Una possibile evoluzione dello spostamento delle masse continentali potrebbe essere questa (tratto da Wikipedia):
I geologi hanno ipotizzato la formazione futura di altri supercontinenti, fra cui l'Eurafrasia (tra circa 30 milioni di anni), l'Austro-Eurafrasia (60 milioni di anni), l'Austro-Antartide-Eurafrasia (130 milioni di anni) e la Pangea Ultima (da 250 a 400 milioni di anni).
Pangea Ultima o Amasia ( fra ~250 — ~400 milioni di anni da adesso)
Australia-Antartide-Afro-Eurasia (fra ~130 milioni di anni fa ad ora – L'Antartide si unirà con il sud dell'Australia o dell'Asia ( i quali formeranno il blocco Australia-Afro-Eurasia.)
Australia-Afro-Eurasia (fra ~60 milioni da adesso – L'Australia colliderà con l'Asia Orientale, creando una catena montuosa paragonabile all'attuale Himalaya.)
A livello climatico, è impotizzabile che l'attuale era glaciale del Pleistocene iniziata 2,5 milioni di anni or sono proseguirà per altri 100-150 milioni di anni, dove glaciazioni si alterneranno a periodi interglaciali, mentre successivamente andremo incontro ad una nuova era interglaciale con clima mediamente più caldo e umido e in assenza di grosse glaciazioni, tutto questo seguendo quello che è il ciclo dei Supercontinenti, considerando che il ciclo climatico trova una stratta correlazione con l'andamento ciclico della deriva dei continenti.
Un'interessante animazione della deriva dei continenti a partire dai 400 milioni di anni or sono fino a 250 milioni di anni nel futuro.
Flavio Scolari
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