Analisi Meteorologica
Bisognerà sperare in un eventuale STRATWARMING per vedere un inverno degno di tale nome?
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- Pubblicato 15 Dicembre 2014
- Scritto da Daniele Ingemi
L’inverno meteorologico è appena iniziato. In molti già si domandano quale sarà il vero profilo di questa stagione invernale. In realtà le previsioni degli indici climatici sono tutt’altro che esaltanti per i prossimi mesi. E salvo alcuni spiragli che potrebbero aprirsi non prima della prima o seconda decade di Gennaio non s’intravedono grossi cambiamenti. Per le grandi manovre invernali c’è ancora tempo.
Attualmente la configurazione troposferica rimane ancora bloccata da un vortice polare suddiviso in due “lobi” principali, localizzati rispettivamente fra l’Artico canadese e le coste dell’Artico russo. La presenza di un vortice polare troposferico particolarmente profondo, a sua volta, tende ad avere pesanti ripercussioni sulla circolazione generale atmosferica lungo l’emisfero boreale. Difatti il raffreddamento dell’area artica, indotto dall’azione di un vortice polare particolarmente compatto, mantiene attivo un intenso “gradiente di geopotenziale” e un elevato “gradiente termico” fra le latitudini artiche e quelle temperate, producendo una notevole accelerata del flusso zonale fra le medie ed alte latitudini, con una progressiva intensificazione delle “Westerlies” fra il nord America, l’Europa e l’Asia centro-settentrionale.
Il forte “gradiente di geopotenziale” che si viene a realizzare tende a rinforzare notevolmente il ramo principale del “getto polare” il quale continuerà ad assumere un andamento più rettilineo, presentando potenti “Jet Streaks” (massimi di velocità del “getto” in quota), fra l’estremo oriente russo, gli States, il nord Atlantico e l’Europa. Questi “Jet Streaks”, particolarmente attivi sul Pacifico settentrionale e sul nord Atlantico, dove si assisterà ad un rafforzamento dell’attività ciclonica l’incremento delle avvezioni di vorticità positiva prodotte dai massimi di velocità del “getto” in quota, tagliano le spinte meridiane degli anticicloni oceanici, presenti fra il Pacifico settentrionale (anticiclone delle Aleutine) e il nord Atlantico (anticiclone delle Azzorre).
Il sensibile rinforzo del “getto polare” impedisce cosi la costruzione di ampi flussi meridiani, inibendo in tal modo l’afflusso verso latitudini più meridionali delle masse d’aria, molto fredde e pesanti, presenti sopra il mar Glaciale Artico. Le masse d’aria gelide, facenti capo alla circolazione del vortice polare, continueranno a rimanere relegate al di là del Circolo Polare Artico, fiondandosi a più riprese fra Russia europea, Siberia, Lapponia e Canada, dove il clima si presenterà decisamente più rigido, con nevicate diffuse prodotte dall’azione perturbativa del vortice polare troposferico.
Al momento non si intravedono all’orizzonte l’azione di “forcing” troposferici particolarmente intensi, capaci di ondulare in senso orario il ramo principale del “getto polare” spianando la strada alle “erezioni” meridiane dell’alta pressione delle Azzorre verso le latitudini sub-polari e il Plateau groenlandese. Senza la costruzione di solidi “blocking” (promontori anticiclonici di blocco distesi lungo i meridiani) sull’Atlantico settentrionale, capaci di chiudere la porta delle impetuose correnti occidentali oceaniche, diventerà molto difficile assistere all’avvento di importanti ondate di freddo dirette verso il bacino centrale del mar Mediterraneo. Per arrivare ad una vera e propria svolta non ci resterà che attendere, fra fine Gennaio e la prima decade di Febbraio, allorquando un possibile rallentamento del flusso zonale rischia di agevolare la formazione di un eventuale “Stratwarming”, ossia un anomalo riscaldamento della stratosfera terrestre sopra la regione artica, indotto da vari fattori.
Fra questi vi potrebbero rientrare l’attività solare e l’intensità delle onde planetarie che attraversano l’intero emisfero. Lo “Stratwarming” si presenta quasi sempre nel periodo invernale, in più sembra interessare in misura maggiore l’emisfero settentrionale, ed in misura minore quello meridionale, dove il fenomeno è ben più raro. Questo anomalo riscaldamento della bassa stratosfera, una volta attivo, tende gradualmente ad espandersi verso l’alta troposfera, con un importante aumento termico che ha delle conseguenze importanti sull’evoluzione meteorologica al suolo.
Lo “Stratwarming” è in grado di produrre una rottura o separazione in due o più “lobi” del cosiddetto vortice polare. Spezzandosi in più “lobi”, che tendono a muoversi verso le latitudini più meridionali (in genere quelli principali si collocano tra l’Artico canadese, la Scandinavia e la Siberia orientale), condizioni di maltempo, con nevicate e un consistente calo termico, interesseranno l’Europa, il nord-America e l’Asia centro-settentrionale, mentre al contempo sul Polo Nord si forma un’area di alta pressione, con massimi barici che possono superare pure i 1040-1045 hpa.
Questo sensibile riscaldamento troposferico genera dei massimi di geopotenziale, fra bassa stratosfera e alta troposfera, i quali tendono a collaudare una imponente area anticiclonica, ben strutturata nell’alta troposfera, che si estende ulteriormente verso il basso, andando così a destabilizzare la figura del vortice polare, la quale, di tutta risposta all’attacco anticiclonico e all’improvviso aumento dei geopotenziali in quota, andrà a spaccarsi in due o più “lobi” (“split”) in movimento verso le medie latitudini, fra l’Asia settentrionale, il nord America e l’Europa.
Andando alla deriva, fra l’America settentrionale, l’Europa e l’Asia centro-settentrionale, i vari “lobi” del vortice polare, ormai frantumato in più tronconi dalla potente circolazione anticiclonica instaurata sopra il Polo Nord, tenderanno ad arrecare condizioni di intenso maltempo, con nevicate diffuse e un consistente calo termico nelle aree maggiormente interessate.
Daniele Ingemi
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